Per il materialismo storico “non è la coscienza che determina la vita, ma è la vita che determina la coscienza”. La coscienza non è una sfera “privilegiata” della natura umana, ma è essa stessa un prodotto storico, dipende cioè dalle relazioni storicamente prodottesi fra gli uomini.
Per Marx, quindi, le idee sono un riflesso delle condizioni della vita materiale, cioè dell’attività economico-produttiva che gli uomini svolgono e dei rapporti sociali che essi stabiliscono sviluppando tale attività. Se l’insieme delle idee e dei prodotti della coscienza, che costituisce l’ideologia, dà una rappresentazione rovesciata della realtà, in cui “gli uomini e i loro rapporti appaiono capovolti come in una camera oscura, questo fenomeno deriva dal processo storico della loro vita, proprio come il capovolgimento degli oggetti sulla retina deriva dal loro immediato processo fisico”.
Quindi le idee sembrano vivere di vita propria, ma non sono autonome poiché dipendono dalle attività materiali e dalle relazioni sociali degli uomini.
La rappresentazione della coscienza come realtà scissa, separata dal corpo e dalla concreta attività umana, è una delle conseguenze della fondamentale divisione fra lavoro intellettuale e lavoro manuale. È infatti tale divisione, per la quale alcuni uomini governano e gli altri sono governati, ad aver favorito l’affermazione dell’idea secondo la quale la mente sarebbe separata e scissa dal resto della realtà.
In ogni epoca le idee dominanti sono idee delle classi dominanti, imposte da queste o, comunque affermate sul’insieme della società. Il cambiamento delle idee (religiose, filosofiche, morali, ecc.) e il cambiamento di ordinamenti e istituzioni (giuridiche, politiche ecc.) sono il prodotto di corrispondenti cambiamenti nei processi materiali di vita, ossia nei modi di produzione.
Per Marx le idee e le istituzioni sono solo una sovrastruttura, mentre i modi di produzione sono la struttura della società, cioè il suo fondamento e il reale fattore di trasformazione e di sviluppo. Da questo punto di vista, diversamente da quello hegeliano, lo Stato non costituisce una dimensione autonoma e superiore rispetto alla società civile (ossia la sfera della produzione e delle attività economiche in genere), ma ne è piuttosto l’espressione, costituendo “la forma in cui gli individui della classe dominante fanno valere i loro interessi comuni ed in cui si riassume l’intera società civile di un’epoca”.
De Bartolomeo Magni Voci della filosofia
Per Marx, quindi, le idee sono un riflesso delle condizioni della vita materiale, cioè dell’attività economico-produttiva che gli uomini svolgono e dei rapporti sociali che essi stabiliscono sviluppando tale attività. Se l’insieme delle idee e dei prodotti della coscienza, che costituisce l’ideologia, dà una rappresentazione rovesciata della realtà, in cui “gli uomini e i loro rapporti appaiono capovolti come in una camera oscura, questo fenomeno deriva dal processo storico della loro vita, proprio come il capovolgimento degli oggetti sulla retina deriva dal loro immediato processo fisico”.
Quindi le idee sembrano vivere di vita propria, ma non sono autonome poiché dipendono dalle attività materiali e dalle relazioni sociali degli uomini.
La rappresentazione della coscienza come realtà scissa, separata dal corpo e dalla concreta attività umana, è una delle conseguenze della fondamentale divisione fra lavoro intellettuale e lavoro manuale. È infatti tale divisione, per la quale alcuni uomini governano e gli altri sono governati, ad aver favorito l’affermazione dell’idea secondo la quale la mente sarebbe separata e scissa dal resto della realtà.
In ogni epoca le idee dominanti sono idee delle classi dominanti, imposte da queste o, comunque affermate sul’insieme della società. Il cambiamento delle idee (religiose, filosofiche, morali, ecc.) e il cambiamento di ordinamenti e istituzioni (giuridiche, politiche ecc.) sono il prodotto di corrispondenti cambiamenti nei processi materiali di vita, ossia nei modi di produzione.
Per Marx le idee e le istituzioni sono solo una sovrastruttura, mentre i modi di produzione sono la struttura della società, cioè il suo fondamento e il reale fattore di trasformazione e di sviluppo. Da questo punto di vista, diversamente da quello hegeliano, lo Stato non costituisce una dimensione autonoma e superiore rispetto alla società civile (ossia la sfera della produzione e delle attività economiche in genere), ma ne è piuttosto l’espressione, costituendo “la forma in cui gli individui della classe dominante fanno valere i loro interessi comuni ed in cui si riassume l’intera società civile di un’epoca”.
De Bartolomeo Magni Voci della filosofia
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