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Visualizzazione dei post da febbraio, 2008

SCHEMA OBUCENIE

TEORIA STORICO – CULTURALE VYGOTSKIJ La prospettiva STORICO – CULTURALE fu fondata da VYGOTSKIJ (1896 – 1934). Le sue teorie si sono diffuse dal 1980 ad oggi. Teoria EVOLUTIVA con visione COSTRUTTIVISTA : il CERVELLO e LA MENTE sono il risultato di un PROCESSO di SVILUPPO, sono COSTRUZIONI – COSTRUTTIVISTA E INTERAZIONISTA (in base alle situazioni che stai vivendo (no la persona in una situazione isolata) Fattori EVOLUTIVI= 1. CERVELLO-MENTE prodotti di PROCESSI di SVILUPPO- fattori EVOLUTIVI= VYGOTSKIJ ha una visione aperta – no alla nascita 2. I processi sono guidati da DINAMICHE INDIVIDUO – CONTESTO → l’individuo influenza il CONTESTO dove vive e il contesto influenza l’INDIVIDUO. Alle origini = struttura storica/culturale. Lo sviluppo è soggetto alla LEGGE STORICA dello sviluppo (no componenti biologiche) che seguono l’evoluzione delle civiltà umane CERVELLI/MENTE INDIVIDUALE Come avviene che imparano il linguaggio…..? Con i PROCESSI DI INDIVIDUAZIONE OBUCENIE= interazione circola

IL DIONISIACO NELLA STORIA

Al centro dei primi saggi di Nietzsche è il problema della morale e dei valori nella loro genesi storica, analisi che caratterizzerà anche molte delle opere successive. Nel saggio La nascita della tragedia dallo spirito della musica Nietzsche coniuga la sua formazione come filologo con la ricerca filosofica. L’Occidente ha creato un’immagine idealizzata della grecità, fatta di equilibrio e di controllo delle passioni, interpretando tutto il mondo greco in riferimento all’Atene di Pericle, dei sofisti e di Socrate. Nella cultura greca, accanto alla visione del mondo caratterizzata dalla misura, dalla moderazione e dalla serenità, esiste invece un’altra tradizione, quella orfico-dionisiaca, che emerge in alcuni miti o nei rituali orgiastici e ne costituisce l’aspetto nascosto, per certi versi inquietante, ma vitale. Non si capisce la grecità, secondo Nietzsche, se non avendo presenti queste due anime. Egli definisce queste due visioni del mondo, distinte e contrapposte, ma in fecondo ra

PEDAGOGIA NON INVASIVA

C’è solo da aggiungere che alla non-comunicabilità totale fa positivamente riscontro – e questo ha grande importanza proprio sotto il profilo educativo e pedagogico – quello specifico aspetto della non – accessibilità che è l’inviolabilità, in linea di fatto e di diritto, della persona umana, e vale a dire la legittima opposizione a pratiche di educazione e a trattamenti di “formazione” che abbiano carattere ingiustificatamente invasivo (è il proposito pratico del curare e del salvare che dà la misura della esplorazione-penetrazione nell’altro e della invasività e la giustifica, restando inteso che ogni estensione ingiustificata delle pratiche invasive configura un gravissimo illecito morale e giuridico). La stessa nozione di “umanità come fine” si tiene, a ben guardare, col presupposto dell’inviolabilità personale, collegandosi (cosa che appare assai chiara anche perché esplicitamente dichiarata da Kant) al concetto di autonomia: solo considerando ciò che invado come fine io posso leg

LA COSCIENZA COME "PRODOTTO SOCIALE"

Per il materialismo storico “non è la coscienza che determina la vita, ma è la vita che determina la coscienza”. La coscienza non è una sfera “privilegiata” della natura umana, ma è essa stessa un prodotto storico, dipende cioè dalle relazioni storicamente prodottesi fra gli uomini. Per Marx , quindi, le idee sono un riflesso delle condizioni della vita materiale, cioè dell’attività economico-produttiva che gli uomini svolgono e dei rapporti sociali che essi stabiliscono sviluppando tale attività. Se l’insieme delle idee e dei prodotti della coscienza, che costituisce l’ideologia, dà una rappresentazione rovesciata della realtà, in cui “gli uomini e i loro rapporti appaiono capovolti come in una camera oscura, questo fenomeno deriva dal processo storico della loro vita, proprio come il capovolgimento degli oggetti sulla retina deriva dal loro immediato processo fisico”. Quindi le idee sembrano vivere di vita propria, ma non sono autonome poiché dipendono dalle attività materiali e dall

IL SENSO DI COLPA

Una conferenza commemorativa del centenario della nascita di Freud gli diede l'opportunità di soffermarsi ancora una volta su un argomento che gli interessava da sempre, forse soprattutto perchè accomunava lui, Anna Freud e Melanie Klein . Lo scritto che presentò a questa conferenza nell'aprile del 1956, "La psicoanalisi e il senso di colpa", è un lavoro enciclopedico in cui Winnicott cerca di studiare il senso di colpa "non come qualcosa che va inculcato, ma come un aspetto dello sviluppo dell'individuo umano.....Quanti sono convinti che la moralità debba essere inculcata, educano i bambini in accordo con questa loro convinzione precludendosi in tal modo il piacere di osservare la moralità svilupparsi naturalmente nei figli, qualora questi crescano entro un'atmosfera positiva fornita loro in modo personale e individuale". Passando in rassegna il lavoro di Freud , Winnicott ci ricorda che le prime affermazioni del padre della psicoanalisi su quest&#

RAZIONALITA' E MISTICA NEL TARDO MEDIOEVO

Dalle sole parole non può venire alcuna conoscenza della realtà: un'intuizione, questa di Ockham, tanto appropriata per la parola "mistica" come per pochi altri termini specialistici. Almeno tre obiezioni, infatti, ne sconsigliano l'uso: 1) Il termine "mistica" nasconde i contenuti più diversi. Se lo si impiega, si dovrebbe dire in che senso lo si fa. Dall'estasi dei santi alla mistica della natura la strada è lunga, ma lo è anche dalla mistica visionaria alla "mistica filosofica". Chi parla di "mistica filosofica" deve dimostrare di non utilizzare l'aggettivo "filosofica" per scopi puramente decorativi, esibendo gli argomenti filosofici che consentono di chiamare filosofo un certo "mistico". 2) Se si utilizza la parola "mistica" per un autore, si è tenuti a giustificare puntualmente la scelta di questo vocabolo, ma si tratta di una accortezza rara. E' divenuto un luogo comune associare il nome Ec

KANT E L'ARTE

Il carattere inventivo del giudizio estetico risulta più che mai riaffermato quando si passa dal bello di natura al bello d’arte o, come Kant dice, dalle cose belle alla rappresentazione bella delle cose. Interviene allora il concetto di genio, inteso come l’opposto assoluto dello spirito di imitazione, come «talento di produrre ciò di cui non si può dare una regola determinata».Kant parla anche di una facoltà di esibizione delle idee estetiche, dove per idea estetica si intende una rappresentazione dell’immaginazione che faccia molto pensare senza che alcun concetto sia ad esso adeguato e senza che alcuna lingua, quindi, la possa rendere esprimibile e comprensibile. Di qui il criterio per orientarsi nella dialettica del giudizio estetico, riguardante l’antinomia del principio del gusto. Tale antinomia suona così: il giudizio di gusto non si fonda sopra concetti, perché altrimenti di essi si potrebbe disputare (tesi); il giudizio di gusto si fonda sopra concetti, perché altrimenti non

L'ARTE PER HEGEL

Per quanto riguarda l’arte ne consegue anzitutto che la sua trattazione «scientifica» non può affatto ridursi alla considerazione storica o critica delle sue opere, ma deve cercare di intenderla come espressione del divino nell’apparenza sensibile. Perciò rimane esclusa o, quanto meno, fortemente limitata la nozione di «bello naturale» e soprattutto la tradizionale problematica dell’arte come «imitazione della natura». Nell’arte lo spirito cerca e trova sempre soltanto se stesso e, se c’è una realtà naturale che in qualche misura può essergli adeguata, è proprio la figura umana perché soltanto in essa lo spirito può avere la sua corporeità. Più precisamente l’essenza dell’arte è quella di essere «intuizione concreta e rappresentazione dello spirito assoluto in sé come dell’ideale». È questo il concetto ed il tema fondamentale della prima parte delle lezioni di Estetica , dove vale a definire il luogo e il senso dell’opera d’arte rispetto alla natura e allo spirito. La funzione dell’ide

LÉVI-STRAUSS

Proibizione dell’incesto e passaggio dalla natura alla cultura Per Lévi-Strauss la proibizione dell’incesto (il divieto di unirsi sessualmente e/o in matrimonio con determinati individui) è una regola che, «unica tra tutte le regole sociali», possiede il carattere dell’universalità. Dove per universalità si deve intendere il fatto che, indipendentemente dalla categoria di parenti toccati di volta in volta dalla proibizione, il divieto in quanto tale è sempre presente, in tutte le società. Appartenente alla sfera della cultura in quanto regola (norma), ma radicata allo stesso tempo nella natura in quanto fenomeno universale, la proibizione dell’incesto segna il passaggio dalla natura alla cultura. Il concetto di struttura Lévi-Strauss parla dunque di strutture di parentela, elementari e complesse. Ma quando si parla di strutturalismo antropologico, di “antropologia strutturale” (un termine entrato nell’uso dalla pubblicazione di un libro del 1958 di Lévi-Strauss che porta questo titol

EPISTEMOLOGIA

I modi di intendere l’epistemologia sono stati storicamente variegati, ma inalterato è rimasto il significato profondo: studio critico dei principi, delle ipotesi e dei risultati delle diverse scienze, per determinarne l’origine logica, il valore e la portata oggettiva. Il naturale incremento dei problemi e il sorgere delle scienze hanno inevitabilmente mutato la struttura teoretica della pedagogia che è stata, infatti, definita un sapere “ipercomplesso” e che ha quindi sentito il bisogno di una auto-riflessione. Per questo, negli ultimi decenni, la pedagogia si è intimamente legata alla ricerca epistemologica, che ha più chiaramente definito la specificità della pedagogia, cioè un sapere articolato e dismorfico, sempre in tensione tra ricerca ideologica, indagine formale e metodologia applicativa. Alessandro Mariani Le scienze della formazione

FENOMENOLOGIA E APPRENDIMENTO

I, fenomenologi, al contrario, sono convinti che l’apprendimento non sia legato tanto a fattori come gli stimoli e i rinforzi, pur non negandone l’utilità, ma ipotizzando che i “veri” apprendimenti e insegnamenti siano legati a condizioni dell’esperienza dei soggetti: quello che le persone sentono di imparare (o non imparare) e di insegnare (o non insegnare). È l’esperienza, l’Erlebnis (in tedesco, lingua principale dei fondatori di questa prospettiva), esperienza soggettiva, fenomenica che determina i cambiamenti, le trasformazioni. Uno stimolo, un premio, una informazione, un concetto, una vicenda che mi è capitata, la imparo (insegno) bene solo a condizione che ne abbia fatto una esperienza fenomenica (qualcosa che, per usare una metafora, è in un punto di intersezione tra cognizione, emozione, affettività, socializzazione ecc.). Oggi potremmo forse avvicinare tale condizione a ciò che si chiama, dopo gli anni Settanta, metacognizione, metacontrollo, qualcosa cioè su cui il soggetto

ERMENEUTICA

Lo stesso Habermas e tutti i sostenitori oggi di vie diverse della e alla ragione, si riferiscono per trovare la propria giustificazione, sempre “razionale”, alla teoria dell’ermeneutica: il nome che ricorre più spesso è infatti quello di Hans Georg Gadamer , cui si affiancano in Francia quello di Ricoer (molto noto anche in Italia) e in Italia quello di Pareyson. Secondo l’ermeneutica (hermeneuo significa “interpreto” “spiego”, in greco, e forse esiste un collegamento con Hermès, “intermediario tra gli dei e gli uomini”) significa interpretazione di un testo, cioè riferimento alle leggi che permettono l’interpretazione stessa: il tema non è nuovo e risale alla cultura classica. Gadamer ne è fautore: esistono, secondo Gadamer, verità extrametodiche, cui le scienze dello spirito pervengono per vie diverse rispetto le scienze matematiche e a quelle della natura. Esse hanno un proprio metodo, estraneo a quello che lascia al di fuori di sé oggetto e soggetto: il procedimento è di tipo erm

OLTRE LA METAFISICA "LOGOCENTRICA" DELLA PRESENZA

«Ciò che voglio sottolineare solamente che il passaggio al di là della filosofia non consiste nel voltare la pagina della filosofia (il che equivale il più delle volte al mal filosofare) ma nel continuare a leggere i filosofi in un certo modo» ( La scrittura e la differenza , cit. p. 370). Questo passo, tratto dalla conferenza ormai classica e già citata del 1966, potrebbe forse condensare l’atteggiamento più generale di Derrida nei confronti della tradizione filosofica, che trova l’espressione più compiuta nella «rilettura» operata ne La carte postale del noto rapporto Socrate-Platone: in questa importante opera del 1980 infatti, utilizzando una miniatura medievale trovata ad Oxford, Derrida mostra come il rapporto si sia rovesciato, nel senso che Platone parla e Socrate scrive. Il rapporto Socrate – Platone era stato alla base di uno dei saggi più noti di Derida, La pharmacie de Platon del 1968, nel quale in maniera più accurata e organica, oltre che filologicamente molto ferrata