Il carattere inventivo del giudizio estetico risulta più che mai riaffermato quando si passa dal bello di natura al bello d’arte o, come Kant dice, dalle cose belle alla rappresentazione bella delle cose. Interviene allora il concetto di genio, inteso come l’opposto assoluto dello spirito di imitazione, come «talento di produrre ciò di cui non si può dare una regola determinata».Kant parla anche di una facoltà di esibizione delle idee estetiche, dove per idea estetica si intende una rappresentazione dell’immaginazione che faccia molto pensare senza che alcun concetto sia ad esso adeguato e senza che alcuna lingua, quindi, la possa rendere esprimibile e comprensibile.
Di qui il criterio per orientarsi nella dialettica del giudizio estetico, riguardante l’antinomia del principio del gusto. Tale antinomia suona così: il giudizio di gusto non si fonda sopra concetti, perché altrimenti di essi si potrebbe disputare (tesi); il giudizio di gusto si fonda sopra concetti, perché altrimenti non si potrebbe pretendere alla necessaria approvazione altrui (antitesi). Le due affermazioni cessano di essere contraddittorie solo se in esse attribuiamo alla nozione di concetto due significati diversi. E in effetti il giudizio di gusto non si fonda mai su un concetto determinato, sebbene si fondi necessariamente su un concetto indeterminato, corrispondente al fondamento soprasensibile del rapporto finale delle facoltà conoscitive del soggetto. Nel giudizio di ciò che è bello l’animo si sente come nobilitato ed elevato sulla semplice capacità di provar piacere dalle impressioni dei sensi. È in questo senso anche che si può parlare del bello come del simbolo del bene morale.
Con la Dialettica termina la trattazione critica del gusto. Una metodica è sempre una propedeutica della scienza e dove, come nel caso del bello, non esiste una scienza, non esiste neppure una dottrina che introduca ad essa. Il che non esclude la possibilità di altri preliminari, più indiretti, fondati non su regole e precetti, che soffocherebbero il genio di ciascuno, ma sullo sviluppo delle idee e del sentimento morali del cultore delle arti belle.
La nozione di bellezza implica il concetto di finalità soggettiva formale. È possibile ora che l’oggetto richieda di essere considerato anche secondo una finalità oggettiva e materiale, in modo che alla natura vengano attribuiti degli scopi e la finalità non sia più giudicata solo esteticamente, mediante il sentimento di piacere, ma anche logicamente, secondo concetti? È questo il tema della seconda parte della Critica del giudizio, che riguarda la critica del Giudizio teleologico e che si riallaccia all’Appendice della Dialettica della Prima Critica (e ai tre scritti sulle razze).
A. Guerra Introduzione a Kant
Di qui il criterio per orientarsi nella dialettica del giudizio estetico, riguardante l’antinomia del principio del gusto. Tale antinomia suona così: il giudizio di gusto non si fonda sopra concetti, perché altrimenti di essi si potrebbe disputare (tesi); il giudizio di gusto si fonda sopra concetti, perché altrimenti non si potrebbe pretendere alla necessaria approvazione altrui (antitesi). Le due affermazioni cessano di essere contraddittorie solo se in esse attribuiamo alla nozione di concetto due significati diversi. E in effetti il giudizio di gusto non si fonda mai su un concetto determinato, sebbene si fondi necessariamente su un concetto indeterminato, corrispondente al fondamento soprasensibile del rapporto finale delle facoltà conoscitive del soggetto. Nel giudizio di ciò che è bello l’animo si sente come nobilitato ed elevato sulla semplice capacità di provar piacere dalle impressioni dei sensi. È in questo senso anche che si può parlare del bello come del simbolo del bene morale.
Con la Dialettica termina la trattazione critica del gusto. Una metodica è sempre una propedeutica della scienza e dove, come nel caso del bello, non esiste una scienza, non esiste neppure una dottrina che introduca ad essa. Il che non esclude la possibilità di altri preliminari, più indiretti, fondati non su regole e precetti, che soffocherebbero il genio di ciascuno, ma sullo sviluppo delle idee e del sentimento morali del cultore delle arti belle.
La nozione di bellezza implica il concetto di finalità soggettiva formale. È possibile ora che l’oggetto richieda di essere considerato anche secondo una finalità oggettiva e materiale, in modo che alla natura vengano attribuiti degli scopi e la finalità non sia più giudicata solo esteticamente, mediante il sentimento di piacere, ma anche logicamente, secondo concetti? È questo il tema della seconda parte della Critica del giudizio, che riguarda la critica del Giudizio teleologico e che si riallaccia all’Appendice della Dialettica della Prima Critica (e ai tre scritti sulle razze).
A. Guerra Introduzione a Kant
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