Lo sviluppo dell’istruzione femminile è un fenomeno collegato a tutti gli altri cambiamenti in atto nel mondo delle donne, come la crescita dell’identità femminile (cfr. Franchi, Mapelli, Librando 1987), l’aumento della presenza femminile sul mercato del lavoro, le molteplici rivendicazioni espresse e i diritti acquisiti sia in famiglia sia nella società in tutto l’arco degli anni settanta: dalla legge sul divorzio (1970), a quella sul nuovo diritto di famiglia (1975), a quella che istituisce i consultori femminili (1976), a quella sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro (1977) (cfr. Treu, 1977; De Cristofaro, 1979; Ballestrero, 1979), fino alla legge sull’aborto, nel 1978, che esaurisce una stagione di riforme emancipazioniste e libertarie. […]
Oggi si può affermare che molti obiettivi – almeno quelli di una maggiore scolarizzazione femminile, secondaria e universitaria – siano stati realizzati. Le giovani donne frequentano massicciamente le scuole superiori, e la propensione femminile è decisamente diretta alla scolarità totale. L’investimento formativo non è tanto legato ad un effetto demografico, cioè a uno sviluppo della popolazione femminile, ma a una oculata scelta di vita, soprattutto collegata alle nuove generazioni femminili. Inoltre le giovani studentesse ottengono risultati notevolmente migliori di quelli conseguiti dai colleghi maschi: su mille ragazzine licenziate dalla scuola media, ben 192 conseguono la laurea, mentre sul medesimo numero di maschi solo 126 raggiungono la conclusione dell’iter formativo universitario (tassi di passaggio dell’anno scolastico 1996-1997, ISTAT, 2001). […]
Guardare al superamento della discriminazione delle donne in campo educativo in termini molto positivi risulta in certo modo illusorio. In un gran numero di Paesi, infatti, pur se si rinviene una generalizzazione dell’istruzione a livello primario e secondario, tuttavia emerge anche che una buona realizzazione nel campo dell’istruzione da parte delle giovani donne non significa per loro avere poi maggiori facilità d’accesso al lavoro: la riuscita scolastica, in definitiva, si dimostra una falsa riuscita in termini socioeconomici (cfr. Bedarida, Helfter, 1990).
S. Ulivieri Genere e formazione scolastica nell’Italia del Novecento
Oggi si può affermare che molti obiettivi – almeno quelli di una maggiore scolarizzazione femminile, secondaria e universitaria – siano stati realizzati. Le giovani donne frequentano massicciamente le scuole superiori, e la propensione femminile è decisamente diretta alla scolarità totale. L’investimento formativo non è tanto legato ad un effetto demografico, cioè a uno sviluppo della popolazione femminile, ma a una oculata scelta di vita, soprattutto collegata alle nuove generazioni femminili. Inoltre le giovani studentesse ottengono risultati notevolmente migliori di quelli conseguiti dai colleghi maschi: su mille ragazzine licenziate dalla scuola media, ben 192 conseguono la laurea, mentre sul medesimo numero di maschi solo 126 raggiungono la conclusione dell’iter formativo universitario (tassi di passaggio dell’anno scolastico 1996-1997, ISTAT, 2001). […]
Guardare al superamento della discriminazione delle donne in campo educativo in termini molto positivi risulta in certo modo illusorio. In un gran numero di Paesi, infatti, pur se si rinviene una generalizzazione dell’istruzione a livello primario e secondario, tuttavia emerge anche che una buona realizzazione nel campo dell’istruzione da parte delle giovani donne non significa per loro avere poi maggiori facilità d’accesso al lavoro: la riuscita scolastica, in definitiva, si dimostra una falsa riuscita in termini socioeconomici (cfr. Bedarida, Helfter, 1990).
S. Ulivieri Genere e formazione scolastica nell’Italia del Novecento
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