

Rodariani sono i cinque ingredienti tematici-linguistici che la letteratura, soprattutto dell’ultimo quindicennio, fa propri: il gioco, l’umorismo, il gusto del paradosso, l’elemento fantastico e il connotato fiabesco. E, in particolare, quest’ultimo si pone come elemento di continuità con la tradizione della letteratura per l’infanzia, elemento che tuttavia si rinnova traendo spunto dalla realtà di oggi, trasfigurandola e sublimandola attraverso il lavoro fantastico; come osserva Rodari:
Le fiabe, per un singolare rovesciamento della loro posizione nella storia umana, hanno oggi più a che fare con la dimensione dell’utopia che con quella della nostalgia del passato. Sono alleate dell’utopia, non della conservazione. E perciò […] noi la difendiamo: perché crediamo nel valore educativo dell’utopia, passaggio obbligato dall’accettazione passiva del mondo alla capacità di criticarlo, all’impegno per trasformarlo. Pollicino ha ancora qualcosa da dire (Rodari,1970).
E, in quest’ottica, è quasi consequenziale che Rodari rivolge la sua attenzione non tanto alla fiaba, e a quella classica in particolare - «deposito stratificato di più culture» - ma soprattutto alla dimensione fiabica che pervade letteralmente le «cose d’oggi». […]
La trasgressione verbale, dai romanzi-apripista di Roald Dahl, è diventata un canone che riflette non solo i codici espressivi dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, ma che attinge anche al linguaggio dei media: non a caso molti scrittori sono anche sceneggiatori televisivi. È il linguaggio soprattutto della pubblicità che attira gli scrittori, come dichiara apertamente Daniel Pennac, il linguaggio efficace e pervasivo degli slogan, in cui predomina la stringatezza e il concretismo, una scrittura veloce e graffiante che permette perciò ai bambini e ai ragazzi di leggere rapidamente, rapidità a cui corrisponde un ritmo accelerato se non frenetico. […] Un linguaggio che è perciò ricco anche di metafore, di suggestioni e di allusioni così come lo sono le espressioni nelle conversazioni degli adolescenti, caratterizzato da una libertà di parola che va oltre lo stile conformistico e censorio del passato: parole in libertà, dunque, che significa anche parolacce, epiteti, espressioni scurrili e volgari in un’ottica di adeguamento allo stile disinibito dei comportamenti giovanili così come provengono dai modelli massmediatici.
E. Catarsi F. Bacchetti I «Tusitala»
Le fiabe, per un singolare rovesciamento della loro posizione nella storia umana, hanno oggi più a che fare con la dimensione dell’utopia che con quella della nostalgia del passato. Sono alleate dell’utopia, non della conservazione. E perciò […] noi la difendiamo: perché crediamo nel valore educativo dell’utopia, passaggio obbligato dall’accettazione passiva del mondo alla capacità di criticarlo, all’impegno per trasformarlo. Pollicino ha ancora qualcosa da dire (Rodari,1970).
E, in quest’ottica, è quasi consequenziale che Rodari rivolge la sua attenzione non tanto alla fiaba, e a quella classica in particolare - «deposito stratificato di più culture» - ma soprattutto alla dimensione fiabica che pervade letteralmente le «cose d’oggi». […]
La trasgressione verbale, dai romanzi-apripista di Roald Dahl, è diventata un canone che riflette non solo i codici espressivi dei bambini, dei ragazzi e dei giovani, ma che attinge anche al linguaggio dei media: non a caso molti scrittori sono anche sceneggiatori televisivi. È il linguaggio soprattutto della pubblicità che attira gli scrittori, come dichiara apertamente Daniel Pennac, il linguaggio efficace e pervasivo degli slogan, in cui predomina la stringatezza e il concretismo, una scrittura veloce e graffiante che permette perciò ai bambini e ai ragazzi di leggere rapidamente, rapidità a cui corrisponde un ritmo accelerato se non frenetico. […] Un linguaggio che è perciò ricco anche di metafore, di suggestioni e di allusioni così come lo sono le espressioni nelle conversazioni degli adolescenti, caratterizzato da una libertà di parola che va oltre lo stile conformistico e censorio del passato: parole in libertà, dunque, che significa anche parolacce, epiteti, espressioni scurrili e volgari in un’ottica di adeguamento allo stile disinibito dei comportamenti giovanili così come provengono dai modelli massmediatici.
E. Catarsi F. Bacchetti I «Tusitala»
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