Il problema della politica si pose a Vico sin dai suoi primi scritti ed era connesso con il suo insegnamento universitario di retorica: quando nel 1709 Vico dava alla stampa il De nostri temporis studiorum ratione aveva ormai concluso il primo «momento» della sua profonda meditazione, aveva cioè cercato di rendersi conto di quel che significassero il suo studio, la sua cultura, che sembravano definitivamente orientati verso l’insegnamento della retorica, una disciplina che lo richiamava alla grande tradizione umanistica, ai temi più vivi del pensiero umanistico-rinascimentale e che nello stesso tempo si presentava come l’ultima roccaforte di quella stessa tradizione di contro alla cultura filosofica europea dei Cartesio e dei Locke, che aveva ormai fatto valere il primato delle idee chiare e distinte, delle scienze esatte, come unico criterio di verità. […]
La «ragione di Stato» è per Vico il vero principio animatore ed unificatore del diritto positivo, che presiede alla sua articolazione e quindi al suo svolgimento. La sapienza giuridica romana è considerata come una «vera e non simulata filosofia»: infatti il giurisperito romano si dedica allo studio ed alla interpretazione del diritto solamente dopo che nella esperienza della vita civile ha dato prova delle corrispondenti virtù. Il diritto nella società romana acquista piena consapevolezza della dimensione politica della società e viene a coincidere in tal modo con la sapienza civile: questa non è più una disciplina meramente speculativa, astratta, come quelle che vengono coltivate dalle filosofie degli «addotrinati», in quanto si rende conto del suo vitale «aggancio» alla prassi politica. […]
L’idea che anima la speculazione di Vico, successiva al De antiquissima e svolta nel Diritto Universale e nella Scienza Nuova, è che la vera conoscenza scientifica si riferisce alla storia, in quanto è fatta dagli uomini: consta azione, per Vico, indubitabile. Ciò significa che tutte le manifestazioni del fare degli uomini, quali ci vengono testimoniate dalla storia – religioni, lingue, costumi, tradizioni, leggi, istituzioni -, sono collegate tra loro, in quanto espressioni dell’umanità dell’uomo e si compongono in una sistematica connessione nelle società politiche.
M. D’addio Storia delle dottrine politiche
La «ragione di Stato» è per Vico il vero principio animatore ed unificatore del diritto positivo, che presiede alla sua articolazione e quindi al suo svolgimento. La sapienza giuridica romana è considerata come una «vera e non simulata filosofia»: infatti il giurisperito romano si dedica allo studio ed alla interpretazione del diritto solamente dopo che nella esperienza della vita civile ha dato prova delle corrispondenti virtù. Il diritto nella società romana acquista piena consapevolezza della dimensione politica della società e viene a coincidere in tal modo con la sapienza civile: questa non è più una disciplina meramente speculativa, astratta, come quelle che vengono coltivate dalle filosofie degli «addotrinati», in quanto si rende conto del suo vitale «aggancio» alla prassi politica. […]
L’idea che anima la speculazione di Vico, successiva al De antiquissima e svolta nel Diritto Universale e nella Scienza Nuova, è che la vera conoscenza scientifica si riferisce alla storia, in quanto è fatta dagli uomini: consta azione, per Vico, indubitabile. Ciò significa che tutte le manifestazioni del fare degli uomini, quali ci vengono testimoniate dalla storia – religioni, lingue, costumi, tradizioni, leggi, istituzioni -, sono collegate tra loro, in quanto espressioni dell’umanità dell’uomo e si compongono in una sistematica connessione nelle società politiche.
M. D’addio Storia delle dottrine politiche
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