Tra gli esempi che Vygotskij fa per illustrare il concetto di stimolo-mezzo ricordiamo quello dell’asino di Buridano e quello del nodo al fazzoletto. Nel primo esempio, di fronte a due sacchi uguali pieni di fieno, uno a sinistra e uno a destra, l’asino non sa scegliere, benché affamato, e muore di inedia. I due stimoli equivalenti (i due sacchi) producono due reazioni «uguali ma di direzione contraria» e il comportamento dell’animale viene inibito. Un uomo, invece, potrebbe lanciare una monetina e scegliere tra i due stimoli in base al risultato del lancio. L’uomo «crea» di sua iniziativa uno stimolo di cui si avvale (per cui esso è un mezzo, uno strumento) per istaurare un nuovo rapporto stimolo-risposta e consentire lo svolgimento del comportamento in una direzione diversa. Nell’esempio del nodo al fazzoletto, se una persona deve ricordarsi di seguire una determinata risposta (conseguentemente ad uno stimolo ricevuto in precedenza, ad esempio la consegna: «Quando esci, compra il latte»), questa risposta è facilitata se tale persona si crea uno stimolo-mezzo (un nodo al fazzoletto, una nota scritta ecc.) di cui appunto si serve per ricordarsi di eseguire il compito. Per Vygotskij quindi, «la presenza degli stimoli creati accanto a quelli dati è la caratteristica distintiva della psicologia dell’uomo» (1931, p.123). Anche nei primati vi sono tracce di questo comportamento «mediato» (nel senso proprio di mezzo come medium) da stimoli-mezzo, ad esempio gli strumenti di cui si servivano gli scimpanzé di Köhler per raggiungere la meta e svolgere il loro compito. Tuttavia, per Vygotskij, il comportamento umano è quasi esclusivamente guidato da stimoli-mezzo, che non sono solo strumenti «esterni» (la monetina, il nodo al fazzoletto), ma strumenti acquisiti dall’ambiente sociale e interiorizzati, stimoli-mezzo «interni» denominati propriamente «segni»: «Noi chiamiamo “segni” questi “stimoli-mezzi” artificiali introdotti dall’uomo nella situazione e svolgenti una funzione di autostimolazione. A questo termine diamo un senso più ampio e al tempo stesso più preciso di quello che ha nell’uso abituale. In base a questa nostra definizione, dunque, ogni stimolo condizionato creato dall’uomo e assunto come mezzo per dirigere il proprio o l’altrui comportamento è un segno» (Vygotskij, 1931, p. 123). La differenza tra la vita psichica degli animali e quella dell’uomo non sta tanto nel fatto in sé che «il cervello dell’uomo è incommensurabilmente superiore a quello, per esempio, del cane», ma «nel fatto che il cervello umano è il cervello di un essere sociale» (1931, p. 124).
L’introduzione degli stimoli-mezzo nelle funzioni psichiche comporta una modificazione funzionale del cervello stesso. Quando una persona vede il nodo al fazzoletto, si tratta di uno stimolo esterno che agisce su una traccia depositata nella memoria, nel cervello, una traccia connessa a quella relativa ad un altro stimolo (la consegna del compito da seguire). La mente si è creata quindi una traccia (celebrale) che riorganizza la relazione tra le tracce («L’uomo introduce stimoli artificiali, “significa” il comportamento e instaura, mediante i segni, dall’esterno nuovi nessi nel cervello», Vygotskij, 1931, p. 126). Questi segni, si è già notato, non sono creati soltanto dalla singola persona, ma sono acquisiti nella storia psicologica individuale attraverso l’ambiente sociale (la famiglia, la scuola, la cultura, ecc.). L’esempio più chiaro è la scrittura, che rappresenta un modo di comunicare non legato (come il linguaggio verbale) a capacità di cui è dotata geneticamente la mente umana, ma a un sistema di segni che un individuo acquisisce ad una certa età se vive in un ambiente sociale in cui la scrittura è conosciuta. Il linguaggio verbale stesso è uno stimolo-mezzo se lo si interpreta come una forma di comunicazione, basata sì su capacità genetiche della mente umana, ma allo stesso tempo necessariamente sviluppatasi grazie all’acquisizione di una lingua che proviene dall’ambiente famigliare e sociale in cui il bambino cresce.
Mecacci Storia della psicologia del novecento
L’introduzione degli stimoli-mezzo nelle funzioni psichiche comporta una modificazione funzionale del cervello stesso. Quando una persona vede il nodo al fazzoletto, si tratta di uno stimolo esterno che agisce su una traccia depositata nella memoria, nel cervello, una traccia connessa a quella relativa ad un altro stimolo (la consegna del compito da seguire). La mente si è creata quindi una traccia (celebrale) che riorganizza la relazione tra le tracce («L’uomo introduce stimoli artificiali, “significa” il comportamento e instaura, mediante i segni, dall’esterno nuovi nessi nel cervello», Vygotskij, 1931, p. 126). Questi segni, si è già notato, non sono creati soltanto dalla singola persona, ma sono acquisiti nella storia psicologica individuale attraverso l’ambiente sociale (la famiglia, la scuola, la cultura, ecc.). L’esempio più chiaro è la scrittura, che rappresenta un modo di comunicare non legato (come il linguaggio verbale) a capacità di cui è dotata geneticamente la mente umana, ma a un sistema di segni che un individuo acquisisce ad una certa età se vive in un ambiente sociale in cui la scrittura è conosciuta. Il linguaggio verbale stesso è uno stimolo-mezzo se lo si interpreta come una forma di comunicazione, basata sì su capacità genetiche della mente umana, ma allo stesso tempo necessariamente sviluppatasi grazie all’acquisizione di una lingua che proviene dall’ambiente famigliare e sociale in cui il bambino cresce.
Mecacci Storia della psicologia del novecento
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