Kierkegaard pubblicò quasi tutte le sue opere più importanti mascherando il proprio nome dietro uno pseudonimo. Eccone alcuni esempi: Victor Eremita (Aut-Aut), Johannes de Silentio (Timore e tremore), Johannes Haufniensis (Il concetto dell’angoscia), Hilarius il Rilegatore (stadi sul cammino della vita), Anti-Climacus (La malattia mortale). Firmò invece con il suo nome tanti discorsi edificanti, dedicati alla meditazione religiosa. Egli, infatti, oscillò per tutta la vita tra la vocazione pastorale e quella letterario-filosofica. Gli pseudonimi, al di là dell’artificio letterario, hanno una precisa funzione filosofica: essi rappresentano il tentativo di parlare “dall’interno” delle varie possibilità esistenziali, cioè identificandosi completamente con esse. Kierkegaard era infatti critico nei confronti del pensiero astratto caro all’idealismo e fautore di un pensiero “concreto”, cioè un pensiero «nel quale c’è un soggetto pensante».
Al “pensatore oggettivo” di stampo hegeliano egli contrappone dunque un «pensatore soggettivo esistente», intendendo con questa espressione che il soggetto del pensiero non può chiamarsi fuori da ciò che pensa e contemplarlo dall’esterno, essendo necessariamente coinvolto dalla situazione conoscitiva: egli è personalmente e radicalmente messo in gioco.
D. Massaro Il pensiero che conta.
Al “pensatore oggettivo” di stampo hegeliano egli contrappone dunque un «pensatore soggettivo esistente», intendendo con questa espressione che il soggetto del pensiero non può chiamarsi fuori da ciò che pensa e contemplarlo dall’esterno, essendo necessariamente coinvolto dalla situazione conoscitiva: egli è personalmente e radicalmente messo in gioco.
D. Massaro Il pensiero che conta.
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