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DEWEY: COME PENSIAMO (1910)

L’opera si interroga su «cosa è il pensiero» e risponde che è relativo alle cose non direttamente percepite, è «riflessivo», è legato alla «credenza» e si caratterizza come indagine, come passaggio dal problema alla soluzione, attraverso un percorso di ipotesi, rigorizzazione e verifica, che implica la guida della logica. Così pensare è oltrepassare l’osservato e pensare il significato, dando capo ad una procedura, appunto, riflessiva. Ma la riflessione nasce dall’incertezza, postula uno scopo, si modella sull’indagine.
A tale modello di pensiero riflesso deve coordinarsi l’educazione, poiché favorisce l’uso consapevole, inventivo, progettuale del pensiero e dà valore all’esperienza, la orienta, le impone un fine. Così bisogna educare il pensiero, in modo da opporlo alle superstizioni, agli idola, al dogmatismo e a favorire il suo uso corretto. Ciò deve avvenire attingendo alle risorse native del soggetto (curiosità, suggestione, ordine), ma dando al pensiero stesso metodo e condizioni, in modo da formularlo come indagine e come indagine guidata dalla logica, dalla logica scientifica, fatta di pensiero formale, di disciplina logica, di pensiero riflessivo (rivolto all’ignoto, alla formulazione di idee, alla concettualizzazione), ma anche al metodo scientifico (o metodo sistematico, che controlla i dati, controlla ragionamenti e concetti), che innalza il pensiero empirico verso il rigore, l’esperimento, l’astrazione e il controllo dell’esperienza.
Educare il pensiero significa allora favorire il passaggio dal concreto all’astratto, potenziare il controllo del linguaggio, sviluppare l’osservazione e l’informazione comunicativa tramite la lezione, ma svolta in modo partecipativo, attivo, in cui il pensiero venga stimolato e apprezzato.
F. Cambi Le pedagogie del novecento

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