I rilievi critici di Dewey, Claparède e Decloly avevano un loro fondamento. La cultura psicologica alla quale il concetto dell’ambiente e il materiale montessoriano si rifacevano, privilegiavano ancora la dimensione seno-motoria ancorata all’idea che il semplice è la parte di un tutto, abbastanza distante dalle novità dei processi di globalizzazione che prima Claparède e poi Decroly stavano mettendo a punto nei loro studi. Con un notevole sforzo di rinnovamento la Montessori si propose, negli anni ’30 e’40, di attenuare certe rigidità psicologiche implicite nel suo «metodo», prospettando la teoria della «mente assorbente» in un volume uscito nel 1949 in India (The assorbent mind) e tradotto nel 1952 in Italia con il titolo La mente del bambino che completa una certa revisione del pensiero montessoriano avviata con Il segreto dell’infanzia pubblicato nel 1938.
In queste opere la Montessori rivisitò il suo metodo alla luce di nuovi dati scientifici ricavati dallo studio della psicologia contemporanea, non accontentandosi più di una concezione sensista con integrazioni spiritualiste, ma riconsiderando alcuni aspetti della sua visione dell’infanzia. In particolare nel libro La mente assorbente la studiosa marchigiana prendeva in prestito dal linguaggio astronomico l’espressione «nebule», per indicare specifiche sensibilità che si risvegliano nel corso dello sviluppo psichico con il carattere di totalità indistinte e dotate di particolare dinamismo. Esse costituiscono un elemento selettivo a servizio della maturazione psichica e, pur essendo provviste di caratteri distintivi (vi sono «nebule» del linguaggio, dell’attività motoria, ecc.) non determinano modelli di comportamento fissi e automatici, ma spingono il soggetto ad appropriarsi degli elementi dell’ambiente.
La conquista dell’ambiente non ha, tuttavia, come oggetto immediato un aspetto particolare, ma si attua in un campo, manifestandosi come «visione d’insieme»: «Potremmo dire – scrive la Montessori – che il campo di presa è molto ampio, quasi universale ed è questa la via della natura. Non si assorbe suono per suono, rumore per rumore, oggetto per oggetto; incominciamo con l’assorbire ogni cosa, una totalità. Le distinzioni tra oggetto e oggetto, fra suono e rumore, fra suono e suono vengono fatte in seguito, come evoluzione di questo primo assorbimento globale» (M. Montessori, La mente del bambino, Garzanti, Milano, 1966, p.163).G. Chiosso Novecento pedagogico
In queste opere la Montessori rivisitò il suo metodo alla luce di nuovi dati scientifici ricavati dallo studio della psicologia contemporanea, non accontentandosi più di una concezione sensista con integrazioni spiritualiste, ma riconsiderando alcuni aspetti della sua visione dell’infanzia. In particolare nel libro La mente assorbente la studiosa marchigiana prendeva in prestito dal linguaggio astronomico l’espressione «nebule», per indicare specifiche sensibilità che si risvegliano nel corso dello sviluppo psichico con il carattere di totalità indistinte e dotate di particolare dinamismo. Esse costituiscono un elemento selettivo a servizio della maturazione psichica e, pur essendo provviste di caratteri distintivi (vi sono «nebule» del linguaggio, dell’attività motoria, ecc.) non determinano modelli di comportamento fissi e automatici, ma spingono il soggetto ad appropriarsi degli elementi dell’ambiente.
La conquista dell’ambiente non ha, tuttavia, come oggetto immediato un aspetto particolare, ma si attua in un campo, manifestandosi come «visione d’insieme»: «Potremmo dire – scrive la Montessori – che il campo di presa è molto ampio, quasi universale ed è questa la via della natura. Non si assorbe suono per suono, rumore per rumore, oggetto per oggetto; incominciamo con l’assorbire ogni cosa, una totalità. Le distinzioni tra oggetto e oggetto, fra suono e rumore, fra suono e suono vengono fatte in seguito, come evoluzione di questo primo assorbimento globale» (M. Montessori, La mente del bambino, Garzanti, Milano, 1966, p.163).G. Chiosso Novecento pedagogico
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