Nell’ambito più specifico della filosofia della mente la problematicità della discrepanza che si è venuta a creare tra immagine manifesta e immagine scientifica, fra esperienza quotidiana e risultati sperimentali, si concentra intorno alla nozione di coscienza. Tale nozione, densa di significato sia per la tradizione filosofica sia per il senso comune, rimanda da un lato alla individuazione di contenuti interiori qualitativamente e soggettivamente connotati e, dall’altro, all’idea di un accesso privilegiato e immediato a tali contenuti: la sensazione di quella specifica qualità di verde è la mia sensazione, la percezione dell’armoniosità di questa melodia è la mia percezione, la gioia per la limpidezza di questa giornata primaverile è la mia gioia.
La nozione di coscienza, tuttavia, lungi dall’essere un dato naturale o ovvio, è un concetto che ha alle spalle una lunga evoluzione storica, evoluzione che nel mondo occidentale ha origine con la concezione omerica (nella quale l’anima è sinonimo di vita, quindi strettamente vincolata al corpo vivente), prosegue con la concezione platonica e aristotelica (stando alla quale l’anima è forma del corpo, essendo gli esseri umani, al pari di tutti gli altri esseri animati e inanimati, composto indissolubile di materia e forma), per sfociare poi nella concezione agostiniana, in cui la vita soggettiva viene esplicitamente concepita come “interiore”.
L’attuale impostazione del problema mente-corpo risente d’altro canto profondamente, com’è noto, della filosofia di Descartes. È infatti con questo autore che si impone l’identificazione tra anima (termine che sta ad indicare ciò che l’uomo è, o si suppone sia, distinto dal corpo) e pensiero. Risultato di tale identificazione è esattamente ciò che a partire da questo momento storico decisivo viene chiamata mente: entità trasparente a se stessa, la cui collocazione ontologica è esterna all’ordine materiale del mondo. Il dualismo sostenuto da Descartes, così come il paradigma meccanicistico che ne costituisce la condizione essenziale, è a tutt’oggi il termine di riferimento essenziale del dibattito contemporaneo sulla natura del mentale. È solo dopo aver sancito il carattere essenzialmente e non contingentemente privato dei contenuti mentali che si pone a) il problema della relazione fra ciò che è soggettivo e ciò che soggettivo non è; b) il problema della conoscibilità di ciò che è soggettivo e degli eventuali strumenti che permettono il realizzarsi di tale conoscibilità.
Roberta Lanfredini La filosofia della mente e il “problema della coscienza”
La nozione di coscienza, tuttavia, lungi dall’essere un dato naturale o ovvio, è un concetto che ha alle spalle una lunga evoluzione storica, evoluzione che nel mondo occidentale ha origine con la concezione omerica (nella quale l’anima è sinonimo di vita, quindi strettamente vincolata al corpo vivente), prosegue con la concezione platonica e aristotelica (stando alla quale l’anima è forma del corpo, essendo gli esseri umani, al pari di tutti gli altri esseri animati e inanimati, composto indissolubile di materia e forma), per sfociare poi nella concezione agostiniana, in cui la vita soggettiva viene esplicitamente concepita come “interiore”.
L’attuale impostazione del problema mente-corpo risente d’altro canto profondamente, com’è noto, della filosofia di Descartes. È infatti con questo autore che si impone l’identificazione tra anima (termine che sta ad indicare ciò che l’uomo è, o si suppone sia, distinto dal corpo) e pensiero. Risultato di tale identificazione è esattamente ciò che a partire da questo momento storico decisivo viene chiamata mente: entità trasparente a se stessa, la cui collocazione ontologica è esterna all’ordine materiale del mondo. Il dualismo sostenuto da Descartes, così come il paradigma meccanicistico che ne costituisce la condizione essenziale, è a tutt’oggi il termine di riferimento essenziale del dibattito contemporaneo sulla natura del mentale. È solo dopo aver sancito il carattere essenzialmente e non contingentemente privato dei contenuti mentali che si pone a) il problema della relazione fra ciò che è soggettivo e ciò che soggettivo non è; b) il problema della conoscibilità di ciò che è soggettivo e degli eventuali strumenti che permettono il realizzarsi di tale conoscibilità.
Roberta Lanfredini La filosofia della mente e il “problema della coscienza”
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