In precedenza abbiamo distinto tra cosmopolitizzazione e sguardo cosmopolita e abbiamo sviluppato l'argomento correlato, secondo cui la cosmopolitizzazione avviene perlopiù come effetto collaterale , non voluto e forzato. Del tutto diversa è la questione se la cosmopolitizzazione degli effetti collaterali diventi consapevole – porti cioè a uno sguardo cosmopolita – o addirittura produca una sfera pubblica globale. La teoria della società globale del rischio offre un modello di crisi di interdipendenza che rende possibile studiare sia sul piano teorico che su quello empirico questo nesso tra la cosmopolitizzazione latente e inevitabile e la sua consapevolezza pubblica mondiale, consentita dall'esplodere degli scandali. Sta nascendo un sistema di "cosmopolitismo del rischio", nel quale un grado eccezionale di interdipendenza cosmopolitica, esso stesso un effetto collaterale di effetti collaterali di sfere pubbliche mondiali, porta i conflitti e le comunanze transnazionali nelle pratiche quotidiane che costringono all'agire politico (dello stato) e sub politico (della società civile).
La rivista "Time" ha dedicato un'inchiesta speciale all'idea di "vivere con il rischio", dove si mostrava nel dettaglio quanto sia inevitabile che nella società evoluta gli uomini siano coinvolti in rischi difficilmente valutabili e in incertezze insuperabili, prodotte dalla scienza. Nel migliore dei casi, gli scienziati possono definire con precisione sempre maggiore nel quadro dei loro calcoli probabilistici i pericoli potenziali generati dai cibi geneticamente manipolati, dalla telefonia mobile e dall'utilizzo quotidiano di sostanze chimiche; ma questo non dice affatto se essi siano reali e come il consumatore possa scegliere "razionalmente" in una situazione concreta. Quando ci si deve preoccupare? Dov'è la linea di confine tra un'adeguata preoccupazione, una paura paralizzante e l'isteria? E chi decide al riguardo? Forse gli scienziati, i cui risultati spesso ad un certo punto si contraddicono e a lungo andare cambiano radicalmente, sicché ciò che fino ad oggi abbiamo considerato accettabile fra due anni sarà ritenuto cancerogeno? Oppure dobbiamo credere ai politici e ai mass media (gli uni enfatizzano il rischio zero delle nuove tecnologie per ridurre la disoccupazione, gli altri sottolineano la gravità dei rischi per aumentare la tiratura delle loro pubblicazioni)?
U. Beck Lo sguardo cosmopolita
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