Nelle civiltà magico-religiose del cosiddetto mondo primitivo o antico, così come nei relitti folklorici della più rozza magia cerimoniale, fascinazione preterintenzionale e fattura deliberata, malefizio dello stregone ed insidia di spiriti e demoni, possessione ed esorcismo, amuleti e contro fatture, ispezione di segni e pratiche divinatorie fanno parte di uno stesso ordine ideologico, la cui importanza e funzione nel quadro complessivo della vita religiosa di una determinata civiltà o di una determinata epoca va di volta in volta determinato. Se però vogliamo trovare nella storia dell’umanità una prima presa di coscienza culturale che la fascinazione non ha a che fare con forze magiche in senso stretto, ma con fatti che appartengono alla sfera naturale e profana, dobbiamo rifarci al pensiero greco, dove ritroviamo – nel quadro della tradizione sensistica e materialistica democritea – i primi abbozzi di una teoria fisica secondo la quale la fascinazione sarebbe da ricondurre ad effluvi o emanazioni che si staccherebbero dai corpi dei fascinatori, e il primo avvio ad una teoria psicologica secondo la quale la fascinazione sarebbe il prodotto di “immagini” che con il loro carico di invidia e di malignità si dipartirebbero dall’occhio e dallo sguardo, onde poi dall’azione di tali particelle materiali o “immagini” che siano, deriverebbero per la vittima funeste alterazioni nel corpo e nell’anima.
Ernesto De Martino Sud e magia
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