Alla ricerca di una metodologia in sintonia con le sue concezioni filosofiche, Hessen traccia una strada volta a conciliare la salvaguardia della spontaneità dello studente con la disciplina al fine di arrivare alla creazione spontanea di valori culturali. Egli distingue dunque una prima fase educativa – che indica con il termine di anomia, e che coincide con la prima infanzia – in cui non è ancora presente alcun tipo di norma morale. Il bambino non essendo ancora in grado di comprendere delle norme morali non può neanche adeguare il suo comportamento ad esse. La strategia metodologica proposta dall'autore, che scarta ovviamente ogni forma di imposizione o di divieto che il bambino non potrebbe fare propria, consiste nell'appoggiarsi alle forme di attività spontanea del bambino, per farlo arrivare a produrre una sua forma di organizzazione. Si appoggia dunque al gioco, che non deve però essere visto solo come un gioco fine a se stesso ma, pur conservando il suo carattere propriamente ludico, deve essere finalizzato: si chiede dunque al bambino di portare sempre a termine i propri giochi, in modo da suggerire una strada spontanea verso una prima forma organizzativa.
Con l'ingresso nella scuola elementare il bambino entra nella fase denominata dell'eteronomia: ormai il suo sviluppo mentale gli permette di comprendere il significato di una norma e la sua legittimità, e di comportarsi di conseguenza. Tuttavia la regolazione non può ancora essere lasciata al bambino stesso, pertanto l'educazione sarà diretta regolata dall'esterno, pur conservando angoli di lavoro dedicati alla creatività che anticipino il lavoro autonomo della fase successiva. A guidare il lavoro in questo periodo (che per Hessen si estende a tutta la formazione scolastica: elementare, media e superiore) sarà ovviamente il docente, il quale avrà il delicato compito di non trasformare l'uso didattico nella disciplina in una richiesta di esecuzione meccanica di compiti da parte degli studenti. L'autonomia si conquista con un percorso progressivo, che l'insegnante dovrà predisporre ampliando gradualmente gli spazi dedicati alla creatività e al lavoro autonomo degli studenti.
La scuola del lavoro di Hessen è dunque in un primo luogo scuola pedagogica, in quanto il lavoro è visto come educativo a livello formale, e non per i suoi fini produttivi a livello concreto o economico; inoltre sempre presente è il rimando all'esperienza diretta degli studenti, che non è però più intesa come esperienza immediata (cioè non mediata culturalmente) ma come esperienza didattica, predisposta e progettata dal docente secondo un ben preciso piano formativo.
La scuola conserva sempre, dunque, la sua caratterizzazione eteronomica, pur lasciando sempre maggior spazio all'autonomia dello studente, col crescere del livello scolastico: il raggiungimento dell'autonomia completa viene dunque a coincidere con il fine (e la fine) ideale dell'educazione.
Barbara Colombo Psicologia e Pedagogia. Tavole di sintesi. Quadri d'approfondimento.
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