Ed è ancora follia, in quest’ordine, il movimento con cui si tenta di strapparsi ad essa per accedere a Dio. Nel XVI secolo, più che in ogni altra epoca, l’Epistola ai Corinzi splende di un prestigio incomparabile: “Io parlo da folle perché lo sono più di ogni altro”. Tutti temi cari ai mistici: la follia la rinuncia al mondo, follia l’abbandono totale all’oscura volontà di Dio, follia questa ricerca di cui non si conosce il termine. Già Tauler evocava questo cammino che abbandona le follie del mondo, ma che si consegna, proprio per questo, alle più oscure e desolanti follie: “La navicella è condotta al largo, e poiché l’uomo si trova in questo stato di abbandono, riaffiorano in lui tutte le angosce e tutte le tentazioni, e tutte le immagini, e tutta la miseria ..” Ed è la stessa esperienza che viene commentata da Nicolas de Cues: “Quando l’uomo abbandona il sensibile, la sua anima diviene come demente”. In marcia verso Dio, l’uomo è più che mai esposto alla follia, e che cos’è per lui il porto di verità verso il quale la grazia infine lo spinge, se non un abisso di sragione? La saggezza di Dio, quando se ne può scorgere lo splendore, non è una ragione a lungo velata, ma una profondità smisurata. Il segreto conserva in essa tutte le dimensioni del segreto, la contraddizione non cessa di contraddirsi sempre, sotto il segno della contraddizione principale che esige che il centro stesso della saggezza sia la vertigine di ogni follia. “Signore, il tuo disegno è un abisso troppo profondo”. È ciò che Erasmo sapeva, ma con distacco, affermando seccamente che Dio ha nascosto anche ai saggi il mistero della salvezza, salvando così il mondo dalla follia stessa, Nicolas de Cues l’aveva detto a lungo nel movimento del suo pensiero, perdendo la sua debole ragione umana, che non è follia, nella grande follia abissale che è la Saggezza di Dio: “Nessuna espressione verbale può esprimerla, nessun atto di comprensione farla comprendere, nessuna misura misurarla, nessun compimento darle un compimento, nessun limite limitarla, nessuna proporzione proporzionarla, nessun paragone paragonarla, nessun simbolo simboleggiarla, nessuna forma darle una forma … Non potendo venire espressa da nessuna espressione verbale, si possono concepire all’infinito frasi di questo genere, perché nessuna concezione può concepirla, questa Saggezza per la quale, nella quale e dalla quale procede ogni cosa.
M. Foucault Storia della follia
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