L’obiettivo dell’educazione è «emancipare gli uomini»: ciò significa dare loro il diritto e il potere della parola e formarli nella liberazione e per la libertà. Questo deve avvenire soprattutto per gli «oppressi», che vanno risvegliati, col metodo «Freire», alla «coscientizzazione», alla presa di coscienza e alla presa di parola, collettivamente gestita. Infatti il metodo Freire è un metodo di socializzazione, di dialogo, di risveglio delle classi più povere, in modo da farle entrare operativamente, costruttivamente nella cultura: nell’uso della cultura e nella sua produzione. In questi soggetti umili e deboli e nelle società che essi abitano bisogna cancellare la «paura della libertà» e dar vita a soggetti radicali, che sono impegnati nella «liberazione degli uomini» e che vogliono trasformare la realtà sociale dell’ oppressione, che stanno vicino al popolo, tramite un «dialogo con lui», «si impegnano» con gli oppressi per «lottare con loro».
In tale percorso pedagogico si contrappongono umanizzazione e disumanizzazione, si dispiega il valore del dialogo, e si afferma il metodo della «coscientizzazione», in modo da realizzare quella «liberazione nella comunione» che rende l’educazione «problematizzante», intesa a formare l’uomo come soggetto aperto, rivolto alla sua «permanente ricerca di “essere di più”». Allora proprio la dialogicità contrassegna l’educazione, deve contrassegnarla, e pone al centro la «collaborazione», l’«unire per liberare», l’«organizzazione», la «sintesi culturale».
La pedagogia degli oppressi esprime una forte «fede negli uomini» e «nella creazione di un mondo dove sia meno difficile amare». Liberazione e utopia qui si saldano strettamente e operativamente.
F. Cambi Le pedagogie del Novecento
In tale percorso pedagogico si contrappongono umanizzazione e disumanizzazione, si dispiega il valore del dialogo, e si afferma il metodo della «coscientizzazione», in modo da realizzare quella «liberazione nella comunione» che rende l’educazione «problematizzante», intesa a formare l’uomo come soggetto aperto, rivolto alla sua «permanente ricerca di “essere di più”». Allora proprio la dialogicità contrassegna l’educazione, deve contrassegnarla, e pone al centro la «collaborazione», l’«unire per liberare», l’«organizzazione», la «sintesi culturale».
La pedagogia degli oppressi esprime una forte «fede negli uomini» e «nella creazione di un mondo dove sia meno difficile amare». Liberazione e utopia qui si saldano strettamente e operativamente.
F. Cambi Le pedagogie del Novecento
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